They Came to Rob Hong Kong

Voto dell'autore: 3/5

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They Came to Rob Hong KongDai processi creativi di brainstorming della Cinema City ci si può davvero aspettare di tutto, con tassi più o meno alti di delirio e di coerenza interna del film. I primi sette minuti di They Came to  Rob Hong Kong vengono inaugurati da una sequenza estremamente violenta che subito dopo si trasforma in un maxy scontro coreografatissimo che si sposta a livello spaziale da una casupola, alla sommità di un palazzo immerso in giungle di antenne televisive. Lo scontro che segue sembra eruttare dalle risse dure, pure e d'ordinanza dei film con Yukari Oshima e tutte le sue "women with guns", con tanto di fucile a canne mozze estratto da un arto terapeutico strappato a mano dalla gamba. Passati i sette minuti il film vira in una classica e delirante commedia.

Il punto di partenza è una semi parodia di Long Arm of the Law, in cui un Roy Cheung  in forma, assolda una piccola "gang degli svitati" (che annovera tra le proprie fila nomi del calibro di Eric Tsang, Sandra Ng, Dean Shek) per compiere la rapina del secolo ad Hong Kong. La sceneggiatura non coinvolge un grosso sviluppo narrativo e il film va avanti per somma delle parti slegate tra loro, intervallate da due surreali sequenze in un bar karaoke. La prima di queste con una Sandra Ng volante termina a torte in faccia, la seconda si scioglie in una parodia dichiarata di A Better Tomorrow tra Eric Tsang e Shing Fui-on, uno di più grandi caratteristi del cinema di Hong Kong. Sul finale, giusto per finire in citazionismo puro, appaiono anche due pseudo "rose noire" combattive e atletiche.

Roy cheung lasciato a briglia sciolta riesce a dare il meglio di sè, circondato da tutto un cast di attori decisamente in ruolo, tra cui una giovanissima Chingmy Yau, Stanley Fung, e un numero imprecisato di altri volti noti. Alcune gag sono irresistibili, spesso scorrette, e rimane in mente, tra le tante, un breve combattimento tra Sandra Ng e Chingmy Yau, entrambe in gonna lunga, con l'allegra brigata che all'unisono cerca di sbirciare sotto le vesti in movimento. Clarence Ford dirige i due blocchi iniziali e finali con mestiere (sorge il dubbio legittimo che la parte centrale sia stata diretta da un altro regista viste le evidenti differenze di registri adottati) e riesce ad inserire elementi personali come la fotografia cromaticamente netta e tendente al monocromatico presente in altri suo prodotti (stupenda in Cheap Killers) e alcuni momenti che anticipano i suoi Naked Killer e pellicole limitrofe. Se si sta al gioco e si ama davvero il cinema di Hong Kong, quello più popolare e magari ingenuo, non ci si può non divertire con un film del genere.