This Charming Girl

Voto dell'autore: 4/5

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this charming girlIlluminante esordio di Lee Yoon-Ki, opera pluripremiata che già lascia intuire il senso di cinema, almeno quello morale, che diverrà tratto più significativo del regista. Lee Yoon-Ki si prende tutto il tempo per caratterizzare in maniera perfetta la protagonista. E non fa altro visto che praticamente non la contestualizza all’interno di una storia compiuta nell’accezione classica del termine. Non ci troviamo quindi di fronte ad una forma narrativa classica composta da atti (che siano tre o più o meno) ma dinanzi alla proposizione di un personaggio le cui uniche evoluzioni, prevalentemente morali, sono poste in atto da ferocissimi flashback.
Il tutto è decisamente simile al successivo suo capolavoro My Dear Enemy dove la chiave di lettura viene donata solo sul finale restituendo così una nuova versione del film potenziata esponenzialmente di significato. Diverso è però l’approccio tecnico e linguistico; This Charming Girl possiede una innaturale regia ardita e sperimentale in cui il tratto che più risalta all’occhio è l’eccesso di macchina a spalla che raramente si presta al ritmo della narrazione. Ma non è solo quello; inquadrature che a giustificazione di raccordo di sguardo pongono “l’aria” dal lato “errato”, fuochi fatti anziché sui personaggi su elementi privi di apparente significato, peso ottico del tutto anomalo con una preferenza insolita del vuoto “sotto”, dell’inclusione forzata della terra rispetto al cielo, quasi a volere privare il personaggio di ogni slancio verso l’alt(r)o, come a togliergli anche tecnicamente la possibilità di uscire dalla propria situazione sociale.

Jeong-Hye (Kim Ji-Soo) ha 29 anni e lavora in un piccolo ufficio postale. Poche amiche distratte, nessun uomo, una piccola casa, nessun rapporto interpersonale forte, senza genitori, un paio di parenti “invisibili”, una vita vuota, fatta di gesti ripetuti, di vicini iracondi, di allergia al contatto umano.

Meno di quello scritto sopra viene rivelato apertamente e ogni nuova informazione è proposta da improvvisi e glaciali flashback atti a rivelare un infausto passato che si riflette sul presente. Gesti e dettagli sono la maggiore direzione di regia per centellinare informazioni. Manca ancora però la finezza e la perfezione formale assoluta di My Dear Enemy; il regista all’esordio pur narrando già in maniera silente e sussurrata, tutta in sottrazione, tenta di sperimentare e di utilizzare una regia al contempo ardita ma invisibile. E conosce già alla perfezione quando chiudere il film.
Il risultato è una buona opera, complessa, corposa, sicuramente per un pubblico preparato. Un grande esordio che già lasciava presagire in parte ciò che sarebbe successivamente giunto.