Twilight of the Warriors: Walled In

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Di nuovo con Wilson Yip (Ip Man) in produzione, Soi Cheang sembra essersi affrancato per adesso dai blockbuster cinesi (The Monkey King) per riflettere su varie sfumature e gradazioni del noir. Limbo, una vera rivoluzione, poi il “mistico” Mad Fate. Ed ora propone la visione più entusiasmante mai vista al cinema della walled city di Kowloon, città fortezza nella città (di Hong Kong) rasa al suolo nel 1994.

Tratto da un romanzo di Yuyi e successivamente da un manhua di Andy Seto, ha covato invano per decenni (passando idealmente per le mani di numerosi registi e attori) salvo poi finire al Festival di Cannes diventando il secondo incasso di sempre – alla data di uscita – ad Hong Kong (va preso atto di come i quattro maggiori incassi di sempre ad Hong Kong siano usciti tutti negli ultimi due anni).

Soi Cheang racconta una vicenda di triadi quasi interamente ambientata nella location di cui il titolo, la affida ad un cast stellare di grandi veterani acclarati che vanno da Sammo Hung (Ip Man 2, SPL, Encounter of the Spooky Kind…) a Louis Koo (Drug War, Accident, Election…) passando per Richie Ren (Breaking News, Exiled) e Aaron Kwok (Throw Down, Saviour of the Soul…) a cui affianca il più “giovane” Raymond Lam (New Kung Fu Cult Master). Un anno di preparazione e allenamento per le scene marziali e il regista ci restituisce le migliori sequenze d’azione e le uniche possibili per il cinema di Hong Kong da (molti) anni a questa parte.

Senza un reale ricambio generazionale che ha potuto rielaborare l’unica e irripetibile esperienza del passato, Soi Cheang riflette sul senso dell’azione, la modernizza, fa tesoro della migliore del presente (quella indiana) e ne produce una versione ipercinetica, con la levità del vecchio cinema di Hong Kong ma la pesantezza distruttiva di quella hindi, telugu e compagnia, puntellandola di scelte pittoresche e sopra le righe tipiche del corrispettivo grafico. Il tutto affiancato da un contributo degli effetti digitali sobri e funzionali, probabile retaggio dei precedenti blockbuster mainlander.

Soi Cheang insomma fa quello che tutto il cinema di Hong Kong avrebbe dovuto fare più di venti anni fa per sopravvivere e affrontare la sfida del digitale con dignità e intelligenza. Digitale utilizzato anche per elaborare la straordinaria partitura scenografica che lascia a bocca aperta restituendo una visione del luogo fiabesca e al contempo profondamente materica, a tratti poetica.

Degna di nota però l’attitudine a non infilarsi in un progetto anonimo da commissione; in Twilight of the Warriors: Walled In c’è tutto Soi Cheang (incluso quello horror delle origini) perfettamente coerente e riconoscibile. Dai personaggi che si muovono tra intercapedini e interstizi urbani come in Home Sweet Home, passando per Limbo che mostrava una città annegata nella spazzatura e nelle merci abbandonate, estetica riadattata per il contesto scenografico di questo film. Ma anche il protagonista, specie nella genesi mostrata nella prima parte, non è così distante dall’immigrato interpretato da Edison Chen in Dog Bite Dog.

Parte del successo ovviamente si deve al coreografo marziale Tanigaki Kenji, un altro sopravvissuto, giapponese, di stanza ad Hong Kong, con esperienze macroscopiche a Hollywood e una performance attoriale nel Time & Tide di Tsui Hark (che non è cosa da poco).

Soi Cheang si rivela uno dei registi più lucidi del presente e che con questo passo slanciato nel contesto dell’azione pura riesce ad affermarsi come figura di rilievo del genere e uno dei pochi autori capaci di modernizzare e tenere in vita gli umori e i fasti di un tempo con poca nostalgia appassita ma una robusta dose di idee innovative, moderne e competitive.