Why Me, Sweetie ?!

Voto dell'autore: 3/5

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whymeNon ci sarebbe da agitarsi più di tanto osservando le credenziali di questo Why Me Sweetie?!; classicissima commedia sentimentale agrodolce cantonese (ma di ambientazione cinese) diretta dal discontinuo Jingle Ma (Tokyo Raiders) con piglio televisivo (ma pregna di inventiva coraggiosa e imprevista) e data in mano a due divi giovani e belli dello star system hongkonghese, ovvero Louis Koo (Election) e Cherrie Ying (Throw Down).

Ding (Cherry Ying) giunge dagli States a Pechino per studiare teatro e si innamora di Dong (Louis Koo) boss di un negozio di dolciumi; Dong però è succube di un tumore che lo porta a periodici ma frequenti svenimenti abbinati a perdita di memoria a breve termine. Al risveglio non ricorda nulla e quindi ogni giorno è costretto a subire l’innamoramento verso Ding come fosse la prima volta.

La storia potrebbe sembrarvi già sentita, infatti questo film esce un anno e mezzo prima del film USA 50 Volte il Primo Bacio di cui è fonte ispiratrice più che evidente (in più di un elemento).
La prima parte scorre rapida e coinvolgente anche perché permeata da una libertà inusitata che anche in un prodotto a tratti fin troppo sciatto tende ad evidenziare tutta una serie di libertà proprie del cinema di Hong Kong; soprattutto la direzione degli attori sopra le righe sembra improvvisata sul set con effetti esilaranti per lo spettatore quanto –immaginiamo- per gli attori. La Ying sbaglia sul set e la scena viene tenuta ugualmente. Lo spettatore se ne accorge ma resta nel dubbio fino a che durante i titoli di coda il tutto viene esplicitato. E i continui innesti di follia, di delirio, di impossibili e anormali accessi di nonsense e istrionismo gratuito differenzia questo film da tante commediole contenute e inoffensive che infestano le sale –queste si- anche italiche.
Nulla di che, sia ben chiaro, ma il sapore rimane quello buono dei biscottini al gelsomino venduti nel film, madeleine proustiana che rimanda a vaghi ricordi di certo cinema di Hong Kong, fatto di musica pop brutta ma funzionale, libertà espressive inusitate sia per i registi che per gli attori e possibilità di abbattere il rigore e la coerenza narrativa a favore del coinvolgimento emotivo e dell’intrattenimento. E così, come al solito il sorriso e l’emozione, lasciano spazio al melodramma, a battute scorrette e poi di nuovo al sorriso, tra fiumi di bruttezza sferzati da tocchi di alta classe e innegabile capacità ironica di tutta l’impalcatura.