Yakuza-Busting Girls: Final Death-Ride Battle

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Sukeban Hunters IAll’origine del dittico di film della nuova serie Yakuza-Busting Girls interpretati da Asami dovrebbe esserci un originario corto da diciassette minuti la cui qualità rimane un mistero. Per lo meno i due lunghi sono oggi disponibili e ad un primo impatto non c’è molto di cui lamentarsi nonostante le premesse non lasciassero ben sperare.

Curioso constatare come la consacrazione della brava (ex) attrice di AV passi proprio per un indie piuttosto che per uno dei Sushi Typhoon in cui è ormai abitudinaria presenza, sebbene relegata a ruoli secondari. Ed è altrettanto sintomatico che al bancone degli effetti speciali e visuali vi siano due dei responsabili di quei lavori come Nishimura Yoshihiro e Kazuno Tsuyoshi. Va dato quindi atto ai due registi, che l’hanno voluta protagonista assoluta, di averle donato una dignità d’attrice vera che si è vista negare in molti altri film. a meno che non si voglia considerare un ruolo dignitoso quello di protagonista per Sukeban Boy, sciocchezza in video firmata da Iguchi Noboru.

Il merito principale di questi due film è quindi quello di portare alla luce una cosa già evidente agli occhi dei più svegli, cioè che la bella attrice è ben più valida di tanti pezzi di legno messi ad interpretare ruoli più importanti. E non c’e` celebrazione migliore dei primi minuti di film in cui lo spettatore rimane abbagliato dall’assurdo e definitivo incrocio tra uno zombie Romeriano,  un Cristo risorto e Django, l’antieroe per eccellenza del nostro cinema che attraversa lo schermo assumendo le sue rotonde sembianze. L’incipit è davvero notevole e riassume in sé tutto quel che si possa mai chiedere ad un Indie per poterlo amare.

Tutta la pellicola è un immenso omaggio al cinema di genere giapponese, soprattutto quello dei Pinky Violence, che per fortuna non scade nell’esile citazionismo di molto cinema moderno. Nonostante anche Asami sfoggi una felpa omaggio della tuta del Bruce Lee de L’ultimo Combattimento di Chen, come Uma Thurman nel Kill Bill di Tarantino, famigerato esempio di campionamenti e prestiti di cinema altrui, il film non è semplice derivazione. Al massimo lo si può colpevolizzare di scadere troppo verso il videoclip dimenticando un po’ la narrazione, ma certamente non di non avere sostanza su cui reggersi. C’è davvero abbastanza amore e riconoscenza verso il cinema di genere nipponico dei bei tempi andati, che lo si gusta quasi fino alla fine e non solo per la generosità della protagonista nel mostrare le sue grazie.

Invero l’ultima mezzora dei novanta minuti scarsi di durata è un po’ mal assemblata. Il regista si perde per strada diversi pezzi e la resa dei conti tra il gruppo di Yakuza Busting Girls e i malavitosi cattivi manca di dinamismo, per cui il climax finale non risulta adeguato alle premesse del film. Ad ogni modo questo non inficia l’ottimo risultato per un film indipendente, che si muove libero dalle logiche produttive delle altre produzioni, le quali, come nel caso dei già citati Sushi Typhoon, strizzano malamente l’occhio al compratore occidentale. Almeno il primo episodio di Yakuza Busting Girls è un film nipponico, orgoglioso di essere tale e ben felice di mostrare le proprie credenziali.

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