Liu Chia-Liang (Lau Kar-Leung) se n'è andato.


 

Quando viene a mancare uno dei grandi è sempre difficile trovare le parole giuste. Gli appassionati – di cinema, musica, libri, fumetti – tendono ad avere un numero nutrito di idoli nei rispettivi campi, ma per ognuno di noi ci sono quella manciata di artisti che diventano quasi parte della famiglia, anche se la maggior parte di noi, non gli stringerà mai neanche la mano. Per il sottoscritto, Liu Chia-Liang è una di queste persone.

Allora, piuttosto di tentare di riassumere in poche frasi un’intera vita professionale lunghissima, mi piace ricordare The 36th Chambers of Shaolin come il primo film asiatico visto in assoluto. Le notti spese - anni dopo, quando Asian Feast era appena nato - a scrivere le mie prime recensioni delle sue pellicole, finalmente disponibili in versioni di buona qualità. I giorni trascorsi a compilare una filmografia sterminata, ancora work in progress (così come il profilo che su Asian Feast gli stiamo dedicando da anni), a raccogliere quelle poche informazioni disponibili e cercando di decifrare i dati sull' Hong Kong Film Archive. Questi e altri, rimangono momenti forse sempre meno scontati in un mondo dove tutto è subito disponibile. Ogni visione apriva una nuova porta, creava connessioni sempre più intricate, rivelando quanto sia stato centrale Liu per il cinema di Hong Kong, soprattutto nel ventennio che va dal 1965 al 1985, ma la cui influenza è ben tangibile fino ai giorni nostri. Terminando con la conclusione, che è stato effettivamente il più grande regista di kung fu movies di sempre.

Liu, è stato attivo fin da piccolo come stuntmen e attore, diventando il coreografo (insieme al grande Tong Gaai) delle migliori pellicole di Chang Cheh, rivoluzionando il cinema d’arti marziali più e più volte e poi segnando il genere con una serie di capolavori, che vanno oltre il genere stesso. In tutto questo però, Liu è sempre stato in primis un artista marziale, l’aspetto che più di ogni altro rende le sue pellicole il meglio del cinema di arti marziali.

Ci ha lasciato il 25 giugno 2013, all’età di 78 anni, dimenticato dai più, ma non da chi ama il cinema.
Uno che non se l’era scordato, è stato Tsui Hark, regalando a Liu un’uscita di scena cinematografica memorabile, nel suo bellissimo Seven Swords. In un certo senso fu una rivincita, per un regista ormai archiviato da tutti. A noi piace ricordarlo anche così, oltre che per tutti i suoi classici, un settantenne che scaraventa un cavallo con un’abilissima mossa di bastone.

Voglio chiudere con la stessa citazione scelta per la recensione di The 36th Chamber of Shaolin:

“Quanto a me, rileggendo ciò che ho scritto, temo di non aver messo in sufficiente risalto i suoi meriti.”
J.L. Burges