Eiji Tsuburaya: Master of Monsters


Documentare il genio rivoluzionario di Tsuburaya Eiji in un libro ha senso solo se fatto in questo modo. August Ragone non si limita a raccogliere e riordinare cronologicamente un buon numero di dati per ricostruire vita e carriera del papà di Ultraman. La bellezza del testo sta infatti nel formato, saggiamente pensato per mostrare nel modo più diretto possibile di cosa era capace l'indimenticabile maestro degli effetti speciali. Le pagine enormi permettono a Ragone di corredare le parole con immagini bellissime, fotografie a colori e in bianco e nero che valgono più della loro controparte testuale. Commoventi scatti sul set si alternano a locandine storiche, volantini promozionali, foto di miniature e costumi. Vien voglia di allungare la mano e toccarli. Le cronache giustificano l'aura di leggenda che circonda le imprese di Tsuburaya dietro ad ogni film a cui ha lavorato. I risultati ottenuti in quei giorni frenetici conservano ancora intatta la loro potenza immaginifica, si stenta a credere alle invenzioni concepite per portare sullo schermo tutta quella fantasia. Tsuburaya era un artigiano e un sognatore, un artista a tutto tondo che faceva della carenza di mezzi tecnologici adeguati il motore per la sua creatività. Le sue creazioni se ne fregano dell'evoluzione informatica e, checché ne dica l'occhio contemporaneo tartassato dalla CGI, proprio per questo non invecchieranno mai. Non smettono mai di ammaliare e stupire per l'ingegno che le ha elaborate. Sono lo specchio di un cinema che così è e così rimarrà per sempre. Si può dire la stessa cosa del cinema che si appoggia largamente sull'effetto speciale ricreato al computer? No, perché il progresso tecnologico non si arresta, la rincorsa all'ultimo ritrovato digitale è sempre più furiosa. È cinema che da solo accelera il suo stesso processo di invecchiamento. In quest'ottica, studiare e capire il lavoro di Tsuburaya oggi è più necessario di quanto non sembri. Potrebbe far ripensare all'effetto speciale e al digitale per riscoprire una forma più duratura di sospensione dell'incredulità. Ragone, da parte sua, stimola questa e altre riflessioni. L'autore fornisce una bella panoramica adatta non solo ai novizi. Ad una lettura attenta emerge tutto lo sforzo creativo di Tsuburaya. Un impegno costante, suo e di un nutrito numero di collaboratori non di rado e ingiustamente sprofondati nell'anonimato, mirato a superare quanto fatto fino al film precedente. Le informazioni sono parecchie e gli aneddoti si sprecano. Le duecento pagine del tomo scorrono velocemente, ma si fatica a resistere alla tentazione di tornare indietro per soffermarsi ancora un po' sull'apparato iconografico. Più che promosso, il libro di Ragone è un oggetto che ogni appassionato di fantascienza (giapponese) dovrebbe custodire gelosamente e orgogliosamente. Se anche Tsuburaya non ha più segreti per detto appassionato, il volume è prezioso per quello che fotografa e per la magia che si respira sfogliandolo. Per tutti gli altri, questo è il testo perfetto per avvicinarsi ad una delle figure più importanti della storia del cinema.