Fist of Fury 1991 II

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Fist of Fury 1991 IISequel del film Fist of Fury 1991, dell’anno precedente. Se si accettano le poco chiare rimesse in gioco del primo capitolo, le carte un pò rimescolate, la ricostruzione del backstage del torneo del precedente film e il flusso di attori, ci si diverte anche con questo lavoro, a tratti più che con il precedente. Certo è meno netto il contrasto tra gli elementi messi in scena e lo scarto di umori, ma le gag riescono a strappare più di un sorriso anche se perennemente scorrettissime e incentrate sull’AIDS, l’omosessualità, la vecchiaia. Al contempo le rare ma buone coreografie marziali fanno il loro dovere.
Dopo l’incontro del primo film l’avversario di Ah Ching (Stephen Chow) muore. Giunge così ad Hong Kong il fratello vendicativo (Yueh Wah) deciso a annientare il ragazzo sul ring e giusto come assaggio gli frantuma il suo invincibile braccio destro. Nel frattempo Ah Ching sfrutta gli insegnamenti di una maestra di arti marziali in incognita (Josephine Siao, vista in un’inquadratura del primo Fist of Fury 1991), zia di un perdigiorno (Nat Chan Bak-cheung) innamorato della cugina identica alla donna di Ah Ching (Sharla Cheung Man in doppio ruolo). La soluzione sembra essere in un durissimo allenamento a base di elettricità.
L’alchimia dei ruoli è anomala. Se funziona ottimamente quella tra la Siao e Chow, funziona meno quella tra quest’ultimo e Nat Chan che risulta succube dell’istrionismo del comico. Yueh Wah, disegna l’ennesimo ottimo cattivo della sua carriera, fedele a Chow fino al recente Kung Fu Hustle (interpreta il landlord). Una segnalazione obbligatoria andrebbe anche a Sharla Cheung, un’attrice bella e brava che raramente ha ricevuto un giusto riconoscimento. Ovvi tanti dettagli –come al solito- che sarebbero poi riemersi nel capolavoro dell’attore Kung Fu Hustle, dal rapporto maestro-allievo a un pezzo classico cinese nella partitura sonora. Mentre il film non si risparmia nemmeno strizzate d’occhio a tanto cinema di arti marziali del passato, dall’allenamento con il macchinario che trasmette elettricità, simile a quello con le braccia nelle braci ardenti di One Armed Boxer, passando per i duelli di spade volanti dipinte sulla pellicola, proprie di tanto cinema marziale del passato (da The Burning of the Red Lotus Temple (1928) a The Dragon Sword (1963)) fino alla brillante tutina gialla alla Bruce Lee che Chow sfoggia durante lo scontro finale, quindici anni prima di Uma Thurman. Ed è in questo duello che l’attore, dotato del potere di trasmettere elettricità per un solo minuto, deve sconfiggere il proprio, letale avversario; non ha però fatto i conti con un arbitro gay logorroico e balbuziente che perennemente fa scadere il tempo limite lasciando Ah Ching in balia del violento avversario per il resto del round (con tutte le battute del caso). Sul finale il ragazzo muterà in una sorta di versione di Goku di Dragonball dai devastanti poteri elettrici. Il film è stato probabilmente girato back-to-back al precedente, tant’è che durante i titoli di coda sono mostrati errori e backstage del primo film.