The Tender Throbbing Twilight

Voto dell'autore: 4/5

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The Tender Throbbing TwilightIl sesso sta a The Tender Throbbing Twilight così come la Regina Elisabetta sta all’Inghilterra: c’è per puro simbolo istituzionale, ma non ha nessun diretto ruolo fondamentale nello svolgersi dell’azione. Perché qui il sesso non è mai sesso in quanto morbosità (cioè, come si direbbe in parole povere: scopare), bensì sempre trasfigurazione di qualcos’altro, un sogno di gioventù o un ultimo atto d’amore, il ritorno della giovinezza o la propria auto-realizzazione. E sembra quasi incredibile che dietro la macchina da presa figuri sempre Shinji Imaoka, lo stesso regista di Uncle’s Paradise, presentato sempre a Udine, nell’edizione precedente; certo, a cominciare dall’incipit al mini-market si esplicita quella demenzialità e quel tipico humour giapponese tra trip e pazzia che già rendeva il suo precedente lavoro qualcosa di piacevole seppur non eccellente, ma in questo film ciò che si avverte maggiormente è quella dolcezza e quella malinconia che pervade il protagonista, quasi come fossimo in una sorta di meditazione sulla vecchiaia e sulla memoria: in diverse scene, più che in un territorio pink, ci sembra di essere finiti in uno dei racconti auto-conclusivi dei manga della Rumiko Takahashi più seria, con quelle storie che sanno di retrò profumato di ciliegi in fiore, con questi personaggi perennemente avvolti dai ricordi di una giovinezza che non ritornerà mai più, neanche in un viaggio mentale trasfigurato memoria della pubertà.

Trovata geniale, in questo senso, girare i flashback dei giorni liceali con gli stessi attori sessantenni in divisa scolastica, una scelta dalla doppia funzionalità, in quanto da una parte provoca irrimediabilmente un effetto comico (per non dire grottesco), dall’altra, sottolinea invece l’impossibilità di ritornare indietro nel tempo: in The Tender Throbbing Twilight non è concesso ringiovanire nemmeno nei propri ricordi, non si sfugge mai dalla vecchiaia, dalle rughe, dai capelli bianchi, e la morte è sempre lì ad aspettarti dietro l’angolo. Sappiamo di poter sembrare pazzi allucinati, ma la scena della masturbazione nel letto di morte in ospedale è addirittura una delle più commoventi (nonché, oseremo dire, più originali) visti nell’edizione del Far East Film Festival 2008: partendo dalla commedia, la sequenza assume una carica di drammaticità quasi incredibile per un film di questo genere, in quanto immagine che semplicemente imprime ed esprime affetto/affettuosità con estrema e lucida sincerità. Non vediamo un vecchio arrapato e una moglie vogliosa, ma semplicemente una coppia innamorata nel loro atto d’addio, nel loro stringersi insieme per l’ultima volta, terminato con un “arigato” e seguito da una lacrima che tanto sa di tenera romance.

In tutto questo, nonostante alcune punte kitsch (la scena del pene gigante di plastica), Imaoka compie un lavoro di sobrietà e di silenzio, non carica mai di formalismo la messa in scena (come invece faceva Takahisa Zeze) ma anzi, inquadra quasi con imbarazzo, o comunque con quella delicatezza necessaria per non trascinare la propria opera negli eccessi del volgare e del trash, in quanto The Tender Throbbing Twilight, prima di qualsiasi altra cosa, è innanzitutto un viaggio verso i ricordi e le palpitazioni del primo amore, quello indimenticabile perché incompiuto, fragile quanto un petalo ma proprio per questo così profumato di dolcezza e semplicità.

Quest’opera, senza ombra di dubbio il miglior Pink eiga che il Festival di Udine ricordi, non fa che confermare le possibilità e la ricchezza semantica del genere, solitamente bistrattato e guardato con sospetto e superficialità dai più.