A Geisha

Voto dell'autore: 4/5

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A GeishaNel 1999 Kinji Fukasaku (Battle Royale, 2000) dirige The Geisha House, dolcissima rappresentazione della vita di una maiko sullo sfondo del dopoguerra giapponese. Quel film partiva tutto da qui. Numerosi sono i punti in comune tra i due film, diverso è lo sguardo sulla questione. Il film di Fukasaku rifletteva sulla progressione e gli studi fatti dalla ragazza con una dedizione quasi divina, rappresentando la sacralità dello sbocciare della donna e del passaggio dalla giovinezza all’età adulta con un’enfasi cromatica che aveva del sacrale. Nel film di Mizoguchi invece vengono mostrate anche molte zone d’ombra precipitando più volte il film nei meandri del melodramma. Anche la metrica tra i due film è diversa; il film di Fukasaku concentrava quasi tutta la propria durata nella preparazione della ragazza con una precisione filologica esemplare sempre bagnata di commovente nostalgia. In A Geisha solo la prima parte è dedicata alla preparazione e all’apprendimento delle regole della casa. Insomma, il film di Fukasaku può essere -rapportato alle arti marziali- un 36 Chambers of Shaolin più dolce e nostalgico, mentre la breve sequenza dell’apprendimento del film di Mizoguchi ha del marziale, dove la disciplina e la spersonalizzazione dell’essere emerge prepotentemente. Nella seconda parte Eiko ha invece il tempo di spingere energicamente avanti il proprio carattere fino a portare alla quasi rovina, un baratro senza apparente ritorno, l’intera casa. Lo sguardo del regista è più disincantato e meno romantico ma anche questo film può avere per uno spettatore medio occidentale un valore quasi didattico abile nell’ incrinare i numerosi pregiudizi sulle geisha, qui definite come uno dei tesori del Giappone, uno degli apici della bellezza nazionale, pari alla cerimonia del tè. Alla morte della madre, Eiko è abbandonata anche dal padre ed è costretta suo malgrado a divenire una maiko, ossia una ragazza che si prepara all’apprendimento delle arti delle geisha. Verrà quasi adottata da una geisha più anziana di lei, producendo così un solido legame destinato però ad infrangersi. La regia di Mizoguchi è abile nel descrivere spazi e luoghi, tiene i personaggi lontani dalla macchina da presa e li lascia recitare salvo poi attaccarsi a loro nei maggiori momenti di enfasi.
Un altro grande film di un grande regista. Dichiarazione banale lo so, ma pertinente.