Abracadabra

Voto dell'autore: 3/5

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Forse sull’onda del successo dei Ghostbusters di Ivan Reitman, forse invece totalmente contestualizzabile all’interno di un ricco filone che ad Hong Kong non ha mai smesso di tirare (vedi i vari Kung Fu Zombie, Mr. Vampire, Storia di Fantasmi Cinesi), nel 1986 esce sugli schermi questa bizzarra storia di fantasmi di ambientazione moderna e urbana. A realizzarla è un giovane Peter Mak alle prime armi, che non si occupa soltanto della regia ma stende anche il soggetto e interpreta in prima persona una parte neanche troppo secondaria (è il giovane occhialuto che viene rincorso per tutto il film dall’avvenente sposa-zombie persuasa di doverlo baciare a tutti i costi).

Un gruppo di fantasmi in cerca di vendetta, capeggiato da una spettrale dama di rosso vestita, viene rinchiuso, grazie a un magico sigillo, all’interno di uno specchio da un gruppo di esorcisti. La sfortuna vuole che lo specchio, dopo rocambolesche vicissitudini, finisca nel camerino di un negozio di abbigliamento gestito da due goffe e impacciate ragazze; qui i fantasmi riescono a liberarsi e vagano per il centro commerciale. Starà alle due giovani, aiutate da un drappello di bizzarri e fumettosi compagni di sventura, sventare la minaccia incombente.

Questa essenzialmente la struttura di fondo, e su di essa si innestano in quantità industriale microsequenze, excursus e siparietti, alcuni dei quali davvero riusciti (esilarante ad esempio il combattimento con gli asciugacapelli al posto delle pistole, o anche la sequenza, che anticipa di un decennio quella analoga di Trainspotting, in cui uno spettro emerge dalla tazza del cesso con espressione beata e soddisfatta subito dopo che una delle due protagoniste ha dischiuso lì le sue coscette per fare pipì), che vanno poi a comporre il film nel suo insieme. Come si può facilmente intuire, nonostante la trama si basi fondamentalmente sugli elementi propri della ghost story, questo non è certamente definibile un film horror. Già a inizio carriera Peter Mak ha una predilezione particolare per la commedia, che sarà poi la sua vera grande passione, e per il rocambolesco, una voglia matta di mettere in scena le situazioni più assurde e grottesche possibili, dimostrando di avere una creatività e un’inesauribile fantasia che ama spremere il più possibile, sfruttare fino all’ultima goccia. In più in Abracadabra troviamo già parecchi elementi cari al regista che caratterizzeranno anche i suoi lavori futuri: Hong Kong di notte, con le sue luci, i suoi colori, i suoi vicoli popolati da improbabili individui buffi e bizzarri, il fascino di quei nastri d’asfalto neri come la pece percorsi a velocità folle da piccole utilitarie o sgangherati taxi. E poi i protagonisti imbranati e le macchiette caricaturali, e le gag da slapstick comedy che costellano la vicenda dall’inizio alla fine. E soprattutto quell’uso della fotografia combinata alle inquadrature più impossibili e magari anche a giochi di fumo o a spericolatissimi effetti ottici che, se è vero che è caratteristico di tutta la new wave di Hong Kong, in alcuni dei film successivi di Peter Mak diverrà una costante quasi in ogni singola sequenza.

Tuttavia non tutte le ciambelle escono col buco. Nonostante il grande entusiasmo e la voglia di fare che traspaiono per tutta la durata del film, bisogna essere obiettivi ed ammettere che a grandi trovate e divertenti sequenze si alternano dei momenti in cui il livello qualitativo si abbassa decisamente, il ritmo si spezza e la noia inizia a fare capolino, soprattutto durante alcuni lunghi dialoghi chiassosi e confusionari, che se in principio divertono dopo una manciata di secondi iniziano ad annoiare. Anche la padronanza del mezzo cinematografico non è perfetta: a coinvolgenti piani sequenza e bizzarre soggettive si alternano insipide inquadrature fisse di lunghezza sterminata, a cui si fa fatica a trovare un motivo d’essere e che rischiano di adombrare quello che di positivo (non poco in verità) si è visto nel film. Poco male. L’esperienza si costruisce col lavoro sul campo, dagli errori si impara, e Peter Mak dimostrerà di aver imparato questa lezione di stampo un po’ tradizionale ma in fondo così squisitamente veritiera con All Night Long, un vero e proprio gioiello cinematografico a livello di consapevolezza dei tempi e dei ritmi della narrazione. Intanto ci resta questo Abracadabra, un film con una trama originale e bizzarra come pochi altri, con tante buone trovate a livello stilistico e visivo, e purtroppo qualche pecca a livello di realizzazione.