Challenge of the Gamesters

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Challenge of the GamestersLuo Sihai, “The Sharp Eye God from the South” è arrivato ed è interpretato da Patrick Tse.
Esordio alla regia cinematografica di quel caso artistico che è Wong Jing (God of Gamblers, 1989),  il film rivisto oggi assume un’importanza notevolmente elevata. Se guardiamo agli esordi di quel periodo, magari sbirciando all’interno della new wave possiamo fare delle interessanti riflessioni; prendiamo ad esempio l’esordio di Johnnie To, The Enigmatic Case (1980) o quello di Tsui Hark, The Butterfly Murders (1979). Entrambi i film, benché magistrali e fondamentali poco lasciano trasparire della futura carriera dei rispettivi registi. Magari sono presenti tutte le rispettive tematiche e idee di cinema (oltre ad un’attitudine al non rispetto delle regole grammaticali standardizzate) ma ben poco traspare delle future rivoluzioni linguistiche. In Challenge of the Gamesters invece è racchiuso un intero bignami della futura carriera del regista; massimalismo e tendenza all’accumulo, narrazione colma e irregolare, coreografie eccessive, protesi anatomiche volte alla deformazione dei corpi di chiara derivazione cartoonistica, contrasti netti tra tematiche e stili, successione del tutto indifferente di commedia, violenza estrema, flussi di sangue e nudi femminili.

Uscito lo stesso anno del bel Mahjong Heroes (ma in quell’anno usciva anche Gambler’s Delight e The Gambler’s Duel), film sceneggiato guarda caso dallo stesso Wong Jing, e con molti elementi in comune, i due film si sono rivelati come prodotti fondamentali nella nuova strada di costruzione vistuosistica di un vero e proprio sottofilone dedicato ai giocatori d’azzardo e il cui climax verrà raggiunto sempre da Wong Jing con il suo super campione di incassi God of Gamblers.

Parzialmente basato su una serie Tv della TVB, The Shell Game, diretta dallo stesso Wong Jing e prodotta da suo padre, il film narra la ricerca di una lista di nomi da parte di Patrick Tse, ricerca che lo porterà a battersi nei più coinvolgenti giochi d’azzardo fino ad un vero e proprio scontro finale violentissimo e sanguinario in cui il nostro combatte a colpi di carte da gioco lanciate in stile shuriken, oltre a vere e proprie arti marziali, donne fatali armate di lame estraibili, estintori, rudimentali fucili costruiti con mezzi di fortuna. Il climax del film si raggiunge quando i protagonisti per scoprire la combinazione di una cassaforte ricostruiscono un’intera villa grazie alla memoria fotografica di alcuni arzilli vecchietti per confondere il padrone di casa. Colpi di scena farlocchi, poca attenzione ad una volontà forte di narrare (e di farlo in modo lineare) ma tendenza alla somma di parti e “momenti”, siano essi narrativi che linguistici. E la carriera di Wong Jing è tutta qui, continua, lineare e geniale nel primo film come nell’ultimo. Allietano il film un super cast di volti notissimi del cinema dell’ex colonia inglese.