Il Gioco del Destino e della Fantasia

Voto dell'autore: 4/5

VOTA ANCHE TU!

InguardabilePassabilePiacevoleConsigliatoImperdibile (1 votes, average: 3,00 out of 5)

L'articolo seguente è realizzato unendo le riflessioni successive alla visione del film nel corso del Far East Film Festival 2021 e  le informazioni raccolte durante un'intervista rivolta al regista durante lo stesso evento (nota del direttore).

Wheel of Fortune and Fantasy, presentato quest’anno in anteprima mondiale al Festival internazionale del cinema di Berlino, dove ha vinto l’Orso d’argento, e poi in anteprima nazionale al Far East Film Festival di Udine, è un film scritto e diretto dal nuovo astro nascente del cinema giapponese, Hamaguchi Ryūsuke, che ha recentemente vinto il premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival del Cinema di Cannes per il film Drive My Car.

Pellicola antologica composta tra segmenti distinti, è tenuta insieme da due tematiche principali di fondo, ovvero i rapporti sociali, con tutte le loro complicazioni e coincidenze, e le relazioni amorose, fatte spesso più di casualità che passione, insieme a un’atmosfera leggera e in certi frangenti velatamente comica.

Gli elementi che però la fanno da padrone sono la regia e la sceneggiatura. Per la prima, Hamaguchi si affida a lunghi piani sequenza e long take a camera fissa, con un’assenza quasi totale dei movimenti di macchina (si potrebbero contare sulle dita di una mano, letteralmente). Queste scelte minimaliste si riflettono non solo su una fotografia decisamente naturalistica, ma soprattutto sulla recitazione. Come ci ha raccontato in un’intervista realizzata al FEFF, il regista non ama una recitazione enfatica o eccessivamente carica, preferendo invece scelte espressive e vocali controllate ma efficaci. Per quanto riguarda la sceneggiatura invece, sulla quale compie sempre un lavoro calibrato e misurato, sia a livello narrativo che di dialoghi, Hamaguchi ci ha rivelato di non aver cambiato poi molto il suo modo di scrivere durante gli ultimi anni, nonostante si sia approcciato a tre diverse modalità operative: l’adattamento di una sua raccolta di racconti (Wheel of Fortune and Fantasy), la scrittura di una sceneggiatura originale insieme a un altro regista (Wife of a Spy con Kurosawa Kiyoshi, film vincitore della Palma d’Argento a Venezia) e l’adattamento di un brevissimo racconto di un altro scrittore (Drive My Car, storia breve di Murakami Haruki).

Ha inoltre aggiunto che, riguardo Wheel of Fortune and Fantasy, il suo principale obbiettivo era proprio far emergere quanto il caso e l’immaginazione governino le nostre vite e il modo migliore per farlo è stato costruire dialoghi densi che potessero sembrare realistici, perché proprio nel linguaggio si riflettono le emozioni e le incomprensioni alla base di qualsiasi relazione. Tutti e tre i segmenti funzionano a dovere, in particolare nella scrittura come detto precedentemente, anche grazie alle ottime prove attoriali dell’intero cast tra nuove promesse (Furukawa Kotone) e felici conferme (Shibukawa Kiyohiko), in netto miglioramento rispetto a Asako I e II. 

Concludendo, si può affermare questo film sia decisamente riuscito sotto tutti i punti di vista, ma è necessario sottolineare la sua intrinseca natura festivaliera, sia per come è confezionato sia per come viene proposto. Lo spettatore italiano che se lo troverà davanti dovrà essere pronto all’eventualità di annoiarsi, non tanto perché si tratta di un film in qualche modo sperimentale, quanto per tutte le sue caratteristiche, non cercando la sorpresa o il colpo di scena, dilatando quanto più possibile il ritmo ed evitando qualsiasi sussulto emozionale. Chiariamo: può non essere un film per tutti, anche se limpido in ogni sua componente e per nulla criptico.

Quindi, se visto e contestualizzato a dovere nell’attuale panorama del cinema giapponese contemporaneo (a cui Hamaguchi ha detto nell’intervista di badare poco, poiché tende a concentrarsi al cento per cento sui suoi film) e nella filmografia del regista, sicuramente viene apprezzato per le sue indubbie qualità, a maggior ragione se si è abituati a un certo cinema indipendente essenziale e sobrio.