Sex and Zen

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Avventure e disavventure di un giovane (Lawrence Ng) che per sedurre la moglie di un commerciante di seta si fa trapiantare il pene di un cavallo. Ma la sua condizione di oggetto del desiderio si tramuterà ben presto in una maledizione.

Come sottolinea giustamente Paul Fonoroff, “c’è più sesso che zen in questa commedia spinta ambientata in epoca Ming”.

Prodotto dalla Golden Harvest, che solamente un anno prima aveva distribuito con successo Erotic Ghost Story, pellicola che ha dato il fiat al Cat. III softcore in costume, è il “vietato ai minori” che ha riscosso più successo al box office in patria (incassando oltre 18 milioni di dollari hongkonghesi).

Dietro la macchina da presa Michael Mak si avvale non solamente di una produzione evidentemente ricca, ma anche della fotografia patinata di Peter Ngor, capace durante il decennio precedente di illuminare i set di alcune delle pellicole cardine del periodo (Nomad, Mr. Vampire e As Tears Go By sono gli esempi più lampanti).

L’erotismo con cui è stato lanciato Sex And Zen è in realtà più goliardico che spinto: gli assalti animaleschi ad opera di Elvis Tsui e il trapianto di pene per ovviare a dimensioni troppo ridotte riescono certamente a far passare un’idea di generale libertinismo, ma lo fa sfruttando i meccanismi del grottesco piuttosto che quelli della sessualità.

Certo non mancano le scene spinte, ma perdono di importanza davanti alla capacità di Kent Cheng di dare una svolta comica al tutto.

Trama ridotta all’essenziale, che ben poco ha a che fare con Il tappeto da preghiera di carne, il libro a cui invece il film dichiara nelle prima battute di ispirarsi.

Il successo del film è in parte da attribuire anche alla presenza di Amy Yip, che come al solito concede al pubblico molto meno di quanto non facciano le sue colleghe.