Sodom the Killer

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Sodom The KillerCom’è possibile -e soprattutto- è possibile realizzare un colossal su un uomo colpito da una maledizione che trecento anni dopo decide di sterminare l’umanità, controllando i corpi degli umani tramite stimoli neuronali, ed è possibile farlo con un budget a dir poco ridicolo? La risposta è positiva e Sodom the Killer ne è la prova. Il metodo? Palesare perennemente la povertà e farne stile. Attenzione però, non si tratta di fare di necessità virtù, ottimizzando i pochi mezzi a disposizione come in certo cinema di Hong Kong, ma oggettivando la povertà fino a renderla estetica del surreale. Un esempio? Un uomo afferra la protagonista, la piroetta in aria e la schianta ripetutamente a terra; nel raccordo di movimento tra un’inquadratura e l’altra la ragazza viene sostituita da un goffo manichino molle vistosamente finto, fino al momento in cui tocca terra, quando diventa magicamente l’attrice rotolante. Subito dopo i cattivi fuggono e la ragazza salta sul retro dell’auto e cerca di trattenersi appesa durante la corsa del veicolo. Nelle riprese in esterno il personaggio è sostituito dal pupazzo precedentemente visto e fissato goffamente al veicolo, negli interni è semplicemente rappresentato da un poster raffigurante l’attrice con sguardo minaccioso ritagliato e incollato al vetro posteriore. Compresa ora l’entità del film, si rivela assai perturbante il nome del regista. E già, il film è l’esordio dietro la macchina da presa di Takahashi Hiroshi, ovvero lo sceneggiatore dei tre straordinari Ring originali.

Sodom è un nobile che il giorno del proprio matrimonio perde la promessa sposa, accusa di stregoneria due donne e le condanna a morte. Queste, innocenti, lo maledicono. Sodom diviene un demone cieco che trecento anni dopo si costruisce un esercito di barboni (in una modalità pittoresca e esilarante, vedere per credere), rapisce uno scienziato condannato a morte capace di controllare gli esseri viventi tramite stimolazione neuronale e progetta un genocidio. Una poliziotta, reincarnazione di una delle due donne uccise nel passato, gli darà la caccia.

C’è poco da raccontare e sarebbe del tutto ingeneroso nei confronti della pienezza dell’opera; il film è farcito da invenzioni continue, senso del grottesco furioso e vitalità esasperata, un vero UFO cinematografico per palati al contempo fini e grossolani. C’è una sequenza di tortura nei confronti di un uomo, per farlo confessare, in cui la poliziotta gli infila un testicolo in un cassetto e poi lo chiude con un calcio. La stessa poliziotta possiede l’infausta specialità di uccidere solo passanti e civili durante i suoi accessi di vitalità balistica. E poi aerei modellino tenuti in aria con cavi volutamente visibili (idem per dei piccioni fatti di cartapesta), massacri continui esenti di sangue fino al finale astratto e folle in cui l’emoglobina inizia a scorrere e a piovere letteralmente dal cielo. Un puro ammasso di contrasti, ironia bricolage e effetti casalinghi d’antan si fondono ad un’ottima fotografia e una regia a tratti ricercata e sempre funzionale, sommariamente ispirata. Sodom fallisce di base la sua essenza di film da narrare o analizzare; va visto e vissuto. Una specie di IZO, sotto effetto da mescalina marcia, nippo esilarante.