Suffocation

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SuffocationCina-horror. Possibile? Finalmente sì. Nonostante la rigidissima legge che impone il realismo al cinema cinese, grazie al desiderio del regista Zhang Bingjian, di mettere sullo schermo un horror, anche in Italia abbiamo potuto vedere questa pellicola unica nel suo genere (al Far East Film Festival 2005).
Com’è stato possibile aggirare il veto all’horror? Fondamentale è non mettere in scena fantasmi, apparizioni o mostri, ma se tutto questo è creato dalla mente, il problema non sussiste.

Chen Xiao è marito di una bellissima violoncellista, Meizi, interpretata da Qin Hailu, che un giorno scompare di casa. È scappata o forse c’è qualcosa di diverso dietro?
Dalla sala dove la donna suonava continua a riecchegiare una melodia ossessiva, cupa, ma allo stesso tempo triste; nella sala vivono ombre, rumori, movimenti. Ma non sono fantasmi, è una specie di presenza mentale, i ricordi e i desideri di Chen Xiao che si mescolano alla sua paura e ridanno vita alla moglie.
E la vita di Chen Xiao continua, in un via vai dall’obitorio, in cerca di un corpo che sia quello della compagna, e dall’analista, che ascolta tutti i suoi dubbi e orrori.

Suffocation, l’incubo costante dell’uomo di annegare, affondare in un’atmosfera verde, sospesa, culla e simbolo del dramma che sta vivendo.
Infatti la moglie gli appare, come immagine della mente, sotto forma di ricordo, dal corpo intatto o lasciando intuire segni di violenza. Chen Xiao sta forse nascondendo qualcosa? È forse lui la causa di questa scomparsa? Vedendo il film non si può evitare di farsi venire alla mente un’opera come Un Chién Andalou di Bunuel; non per quanto riguarda la narrazione in sé stessa, che nel nostro caso si sviluppa in modo più tradizionale, seppure fortemente caratterizzata da una forte visione psicologica dell’evento, bensì per l’atmosfera che riesce a creare. Il mare, la costa, vista come una proiezione dell’inconscio e allo stesso tempo come luogo di dove tutto va a finire; la casa, abitualmente luogo di intimità e protezione, diventa il luogo dell’ossessione, del dolore, della materializzazione di tutte le paure.
È un film sospeso, un film che pure lascia in sospeso. A volte pare persino di perdere il filo narrativo, ci lascia nell’impossibilità di comprendere qualcosa, ma è ciò a cui ci porta spontaneamente, la perdita della coscienza: è un film che ci trascina e travolge nello stesso incubo di Chen Xiao, e ci soffoca, conducendoci verso il fondo con lui.
Probabilmente Suffocation, nonostante in patria sia risultato un grandissimo successo commerciale (forse più che altro, per la fama che è riuscito a crearsi) non è un film che facilmente può essere apprezzato dal pubblico nostrano. Troppo riflessivo, e fatto di pensieri e visioni che non sviluppano una narrazione lineare, come siamo abituati, bensì una narrazione che definiremmo spiraliforme, che affonda sempre più dentro sé stessa per portarci ad un punto che non è una vera fine e neppure una vera risoluzione.
Suffocation è, comunque, un film che si santifica su grande schermo, lasciando che lo spettatore venga avvolto dalle immagini, dalla sua fotografia cupa e tanto simile alle atmosfere oniriche. È una pellicola che ricorda dei pensieri vaghi, delle riflessioni che non si riescono a cogliere appieno, e che per questo inquietano e spaventano.
A nostro avviso è il film giusto per dare avvio, magari, ad un nuovo genere cinematografico per la cultura della Mainland Cina, l’horror psicologico, simile alle atmosfere di un lavoro come Three…Extremes che, crediamo, può ispirare molte più inquietudini che i terrifici inseguimenti di mostri e fantasmi a cui ci ha abituato il new horror giapponese negli ultimi anni.