The Four

Voto dell'autore: 4/5

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the fourGordon Chan è uno dei pochi registi hongkonghesi che ha visto, nel trasferirsi dell'industria cinematografica locale in quel della Cina, aumentare il proprio talento e le proprie risorse, uno dei pochi ad aver dato di più anziché spersonalizzarsi soffocato dagli eccessivi budget. Alla fine lo ricordiamo per quel pugno di anni incisivi in cui spicca il fondamentale Fist of Legend, uno dei migliori kung fu movie della storia, qualche titolo di effetto e poi una pletora di prodotti inoffensivi.
Fino a che mostra di riuscire ad adattare quello che era lo stile di Hong Kong all'interno del mercato cinese ancora soffocante in quanto a libertà espressiva e alla perenne ricerca di blockbuster poco personali ma esplosivi. Chan invece dirige il bel Painted Skin che diviene campione di incassi e avrà un grande sequel che si dividerà i botteghini contro il film di cui stiamo parlando.
Lo ritroviamo infatti ora con questo sontuoso The Four, opera epica di origine letteraria, primo di una trilogia. E troviamo finalmente un film robusto ma liberissimo, mimetico ai romanzi wuxia pieni di fantastico tipicamente cinese e puro florilegio di stili e umori come era un tempo il cinema di Hong Kong. Era oggettivamente un po' che non trovavamo un film con all'interno wuxia, fantastico, super eroi, scontri, una combattente su sedia a rotelle steampunk e infine uno scontro contro un esercito di morti viventi. La differenza col passato è che il tutto è prodotto con un budget elevato e una resa hollywoodiana; scenografie curatissime, ottima fotografia, una grande regia epica, una anomala e interessante colonna sonora e un cast stellare di volti più o meno prevedibili ma per buona metà composti da veterani senza cedere troppo a divetti e visi giovani e poco capaci. L'unica debolezza strutturale è nella sceneggiatura che si diluisce troppo nel mezzo ma questa era pecca già in passato e sinonimo stesso di un cinema che obbediva solo a regole proprie seguendo una sorta di stordente scrittura automatica. Ed è un miracolo ritrovare un'opera del genere così in bilico tra ingenuità e grande cinema. Non si può non menzionare la sequenza straordinaria che inaugura il film e si snoda durante i titoli di testa, magistrale, uno straordinario assolo di tecnica incartato da un'epica partitura sonora di rara efficacia; le città cinesi del passato vengono ormai ricostruite sempre più spesso al computer e sorvolate da camere virtuali, da La Battaglia dei Tre Regni a Detective Dee da Flying Swords of Dragon Gate a The Four con sempre maggiore capacità e intensità fino a questa intro straordinariamente complessa e riuscita. Gli effetti digitali migliorano sempre più e in tutto e per tutto il cinema cinese è ormai vicino a quello hollywoodiano come resa e risorse investite; purtroppo troppo spesso finisce però, come negli Usa, per produrre un cinema conciliante e poco personale, inoffensivo, una pura macchina da soldi ricca e accecante. Questo film è un'ottima eccezione e un graditissimo ritorno per il regista. Un grande film di genere che ricorda il passato, guarda al futuro, è sempre lontano da ogni forma di intellettualismo coatto e regala grandi fette di cinema.