Gyo

Voto dell'autore: 3/5

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Riuscire a produrre un brutto film partendo da un materiale così ricco come il manga di Ito Junji sarebbe stato in effetti difficile. Ma la produzione non si è accontentata solo -come in questo caso- di adattare la storia in maniera pedissequa, come avviene nella norma all'interno del cinema giapponese così avaro di restyling e fedele alla tradizione in virtù della soddisfazione del fan più fedele ed esigente,  ma ha deciso di variarne a piacere la componente relativa ai protagonisti (qui un gruppo di ragazze in vacanza, nel manga una coppia). Per il resto nel film in questione c'è tutto, o meglio, ci sono tutti gli eventi, i luoghi e le trovate della geniale e a tratti farneticante opera cartacea. Gyo è uno dei più noti manga dell'autore, pubblicato anche in occidente, che narra dell'invasione del Giappone da parte di pesci zombie dotati di zampe aracnidee e quindi capaci di muoversi sulla terraferma. Partendo dal singolo episodio mono-pesce si giunge fino ad una deriva apocalittica, che esordendo da una vicenda lineare, rigorosa e coerente tende nella seconda parte a deragliare in una sorta di slegata episodicità. Nonostante tutto, non ci si abbandona nel bocciare il furore libero e vitale del maestro dell'horror cartaceo nipponico e il film decide oltretutto di non raddrizzare l'ossatura narrativa ma di ripercorrerla aggiungendo un'ulteriore dose di spettacolarità (come la sequenza dell'atterraggio di emergenza dell'aereo). Animazione in effetti discontinua che integra stile classico e componenti digitali e un ritmo non sempre all'altezza, sono le due pecche maggiori di un film non totalmente riuscito, mediamente soddisfacente per coloro che già conoscono l'opera originaria e probabilmente traumatizzante per un pubblico ignaro. Tanta foga creativa e tale dose di perturbante non può che posizionare il prodotto tra gli horror più interessanti dell'anno in corso. La corsa al rialzo che permea tutto il film ricorda alcuni maestri dell'horror anni '80 (Raimi? Jackson? Gordon?) ma permeati da una visione ancora più anarchica e sicuramente surreale. Mantenendo in toto la componente morbosa e addizionando una zona imprevedibilmente permeata di sesso estremo e mediamente esplicito (con tanto di deriva ecchi) Gyo si rivela come un buon prodotto medio, sicuramente competitivo all'interno della contemporaneità del genere ma abbondantemente distante dalle qualità intrinseche dell'opera originaria.