Living Dead in Tokyo Bay

Voto dell'autore: 3/5
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living dead in tokyo bayFilm culto probabilmente più per la sua relativa irreperibilità che per altro, Batoru Garu è comunque un dignitosissimo straight to video realizzato con un budget irrisorio e diretto da quella mina vagante di Gaira.

Una meteora impatta nella baia di Tokyo sollevando una nube tossica. Subito la città viene isolata e militarmente invasa per arginare il fenomeno di contaminazione. La nube provoca la morte dei civili e il ritorno dei cadaveri. Ma non basta. In questo stato delle cose rimangono i sopravvissuti che razziano ogni negozio in cerca di viveri, gli zombie che cacciano gli umani, l’uomo che caccia l’uomo per rubare i generi di prima necessità (non più soldi ma cibo), l’esercito che cerca di difendere i sopravvissuti, e delle creature ibride progettate per uccidere chiunque.

La rappresentazione apocalittica della città ha del carpenteriano, buia e silente, sferzata da bande di punk armati e zombie barcollanti. Ma non va sottovalutato nemmeno l’apporto del film alla mitologia zombesca, con tanto di un autobus corazzato e colmo di armi che anticipa di un buon decennio il Dead Reckoning de La Terra dei Morti Viventi. Su questa base narrativa scorre una sottotrama in cui un generale tenta un colpo di stato sintetizzando dagli zombie un siero che permette sia di controllarli che di creare delle creature a metà strada tra vivo e non morto, un tentativo di comporre un esercito invincibile per rendere invulnerabile il Giappone e conquistare il mondo. Protagonista è Keiko (una vera wrestler giapponese,  Cutie Suzuki), figlia di un generale dell’esercito che si deve muovere nella città ormai resa un campo di macerie, uccidere le creature sintetiche generate dal generale golpista e ricongiungersi con il padre. Per completare la missione la ragazza può fare uso di un esoscheletro multi funzione, un visore che segnala morti e vivi, armi di ogni ordine e grado, e dell’ausilio di una banda di sopravvissuti che si muove a bordo di un autobus.
Con un pretesto narrativo il regista fa togliere l’elettricità nella città, svolta che permette di girare il film spesso con una fotografia molto cupa grazie alla quale ovviare alle carenze di budget. Nonostante tutto, il regista è maestro di ottimizzazione produttiva e riesce a mostrare una ricchezza visiva comunque accettabile. Il film è privo di compromessi, mediamente gore, e dotato di un gusto cheapo senza cadere oltre il limite esile dell’accettazione, lanciando alcune trovate precarie (come il look dei mutanti) in una licenza poetica autoriale.
Così il film mantiene la sua aura di culto, grazie ad una durata (i prodotti video nipponici non sono mai lunghissimi) non eccessiva, a trovate surreali, ad una freschezza e originalità innegabile su un argomento –lo zombie- ormai abusato.
Talvolta goffi gli scontri corpo a corpo, che fanno netto contrasto ad altri momenti in cui i cavi vengono utilizzati con inventiva ed efficacia.
Il regista è un nome storico del cinema estremo di culto giapponese ed è padre di film terribili come Entrails of a Virgin e Entrails of a Beautiful Woman.