Nymph

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L’edizione 2009 del Festival di Cannes fu molto generosa a livello di cinema asiatico, ma i film mediamente vennero snobbati. Anche la tiepida accoglienza nei confronti dell’Inglourious Basterds di Tarantino denotano un attenzione di pubblico e critica discutibile. C’era Johnnie To con Vendicami, Park Chan-wook con Thirst, Bong Joon-ho con Mother, Hirokazu Koreeda, Brillante Mendoza e in qualche sezione anche il thailandese Meat Grinder. E poi c’era questo Nymph, il nuovo film di uno dei “grandi autori” del cinema thai, Pen-Ek Ratanaruang (Last Life in the Universe, Fun Bar Karaoke…).

La Ninfa è uno spirito bucolico, solitamente fisso all’interno di un luogo ameno, che può essere una foresta, un corso d’acqua, un fiume.

Dopo Ploy, Pen-ek Ratanaruang continua il suo percorso verso una visione assolutamente personale di cinema. Già Ploy, appunto, sembrava un punto di non ritorno, deriva di una cinema astratto, contemplativo, tra il lindo e il fluido, tra il pacato e il sinuoso. Questo Nymph ne rappresenta una versione speculare e rovesciata; la summa è la stessa, un cinema riflessivo e dal ritmo statico, rarefatto, cupo e introspettivo e come nel film precedente il fulcro della riflessione è volto a sondare le dinamiche intime della coppia. Ma mentre Ploy scivolava sui lindi e sinuosi binari di un dolly, Nymph si lascia tentare da un vorticoso tremolio di una continua macchina a spalla. Almeno dopo l’inizio, composto da un complesso e affascinante piano sequenza su gru all’interno della foresta, vera protagonista dell’opera.

Pochissime musiche; l’attenzione è riservata alla voce della natura stessa, ai perenni sussulti e scricchiolii degli alberi mentre la camera indugia sulle fogge contorte e deformi di pietre, busti, arbusti e artistiche visioni materiche.

L’ennesima coppia è in crisi. Lui non la degna più di attenzione e pensa solo al lavoro di fotografo. Lei ha un amante. Vanno in viaggio in una foresta e lui scompare. Ritorna poi a casa ma è cambiato. Su tutto la foresta carica di misteri e produttrice feconda di morte, come ventre materno di umanità e saggezza.

Nymph si rivela un’opera inaspettata e attesa dopo la precedente prova, personalmente tanto estatica quanto inconcludente. Del film esistono due versioni, una maggiormente smaccatamente horror per il mercato locale e una di piglio più autoriale per i Festival.