The Crossing: Part 2

Voto dell'autore: 2/5

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Da dove partire? Partiamo dal primo capitolo. Poco convinti ma pieni di speranza. L'elemento che ci aveva vagamente segnato era la presenza di nuovo delle colombe svolazzanti e la replica di una scena proveniente dal classico di Woo, A Better Tomorrow (v. recensione del primo capitolo). In The Crossing: Part 2 ci ha segnato invece la presenza delle colombe (già, di nuovo) e l'utilizzo -inutile- degli origami di carta a forma di gru che invece erano nel suo Hard Boiled (e figuratevi, anche nel sequel ufficiale videoludico Stranglehold).
Ma cosa aveva in mente Woo? Che voleva fare? Come è finito così? Questo secondo capitolo chiude il cerchio in peggio; esattamente speculare al primo, ammorba due terzi della narrazione con un intreccio melò verbosissimo fasciato sempre da luci accese e colorate e con una freddezza narrativa schematica tale da sembrare una puntata de Il Segreto. Poi regala la sequenza spettacolare di ordinanza; nel primo capitolo la battaglia dinamitarda, in questo secondo il naufragio di una nave che -per quanto Woo tenti di distaccarsene- non può che ricordare il Titanic americano. In peggio visto che i deliranti combattimenti subacquei sono girati con una pesantezza e assenza di grazia tali da evocare le ributtanti scene sulla neve di Inception. Ma Nolan non è un grande maestro dell'azione, Woo si.
La sorpresa “politica” del primo capitolo, di donare empatia ai nazionalisti cinesi è qui riportata nella giusta posizione mostrandoli infine come sanguinari sterminatori di studenti dissidenti.
The Crossing è un mastodontico colossal senza motivo, il respiro dell'epica dei personaggi è forzatamente spinta nei binari di intrecci insensati e dialoghi interminabili che a poco servono se non ad aumentarne la metrica. Gli effetti utilizzati con piglio realistico non sempre funzionano, sicuramente meno che nelle furibonde scene di guerra del primo film e si, una scena riuscita e illuminante c'è anche qua, ma è risolta in un intenso piano sequenza di pochi secondi che parte da un primo piano di un bambino disperato e si allontana mostrandolo dietro l'oblò della nave che sprofonda nelle oscurità del mare tra Shanghai e Taiwan.
The Crossing rappresenta una delle peggiori cose mai fatte da Woo ed il problema non è tanto nella produzione delux o nella regia poco ispirata ma nella freddezza e totale assenza di interesse della narrazione e di empatia verso i personaggi. Male per un regista che in passato è sempre riuscito a titillare i sensi dello spettatore e se serviva a torcergli lo stomaco per decine e decine di intensi minuti come in Bullet in the Head.
Probabilmente potrebbe guadagnare alcuni punti in più in una visione adeguata su uno schermo gigante e in 3D.