The Drifting Classroom

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Uno dei maggiori compositori del cinema del presente, Joe Hisaishi, autore di molte colonne sonore dei film di Hayao Miyazaki e Takeshi Kitano.

Un maestro della storia del fumetto, Kazuo Umezu e un suo manga.

Uno dei grandi registi della storia del cinema, Nobuhiko Obayashi, autore di House, The Girl Who Leapt Through Time, Sada, Labyrinth of Cinema.

Può andare storto qualcosa unendo degli ingredienti di tale livello? Probabilmente no. E invece si.

Obayashi decide di adattare uno dei manga più acclamati di Umezu, Hyōryū Kyōshitsu (1072-74), noto internazionalmente con il titolo di The Drifting Classroom e in Italia come Aula alla Deriva (3 robusti volumi editi da Hikari).

Non è il suo primo né unico adattamento e in altri casi le cose erano andate per il verso giusto. Il problema purtroppo è tutto nella produzione. Non si capisce se per colpa di terzi, dei produttori, di chi ha indugiato su che target rivolgersi. Eppure parlando di scuole e giovani Obayashi lavorerà spesso con grandi risultati: spingendo ad esempio in un rigoroso delirio su The Aimed School/School in the Crosshairs (che era tratto da un romanzo) o su note agrodolci nel delizioso The Girl Who Leapt Through Time. O su Switching – Goodbye Me.

Questo adattamento è invece totalmente disastroso. La scelta meno felice è stata quella di ambientare il film nella scuola internazionale di Kobe affollando quindi il set di bambini di ogni età e etnia accomunati solo da un fattore: quello di non saper recitare.

Ne esce quindi un’opera fastidiosissima quasi interamente recitata (male) in inglese che ammicca -e probabilmente questa era l’intenzione- al cinema statunitense per ragazzi del periodo. Un puntare ad un mercato internazionale alternando ironia giovanile e perturbante leggero in stile Piccoli Brividi alla The Goonies? Nulla di più lontano. Perché al contempo semplifica, alleggerisce, banalizza, aggiunge elementi inutili (il mostro mascotte).

Ci troviamo quindi di fronte a un regista spaesato che alterna a lunghe sequenze imbarazzanti alcuni eccessi propri del suo cinema, dai compositing forzatissimi, a dei lunghi deliri stroboscopici con macchina a spalla.

Peccato che la trasmigrazione della scuola, nel fumetto occupasse due tavole mentre qui si dilunga per estenuanti minuti psichedelici e devastanti percettibilmente. E’ un film che andrebbe visto su grande schermo e in una definizione degna di nota, comunque, per fruire dignitosamente dell’impianto visivo e immaginifico del regista; impianto che viene comunque soffocato dalla banalità e semplicità.

Sparisce in toto la lotta di classe in stile Il Signore delle Mosche, la psicopatologia dei docenti, i dolori della fame, la parte esplorativa e altri grandi elementi che rendevano il manga quell’opera acclamata che era, attestandosi in media sul solo contenuto del primo volume italiano. Obayashi ci prova anche ma la sua follia, anche a tratti fuori luogo, cozza con il resto del film che è banale e quasi patetico. Riduce anche la narrazione visto che nulla ci narra degli esterni dell’edificio, mentre l’intera scuola è invasa da fiumi di sabbia.

Non solo quindi un pessimo adattamento, ma un brutto film tout court per motivi anche indipendenti dalla volontà dell’autore, penalizzato da un budget non all’altezza e allietato da una partitura musicale le cui note sono riconoscibilissime a vivacemente attribuibili al compositore.