The Roundup

Voto dell'autore: 4/5

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Cinque anni dopo The Outlaws, arriva il sequel, The Roundup, che a differenza del titolo originale coreano, uguale al precedente seguito dal numero “2”, muta nel contesto anglofono.

Prosegue quindi il numero di film (come il “gemello” Unstoppable) messi al servizio della robusta figura dell’attore Ma Dong-seok (Train to Busan, Eternals…), nel definirne una mitologia popolare simile, fatti i debiti paragoni, al nostro Bud Spencer (tant’è che anche questo film ha un inizio simile al Piedone Lo Sbirro (1973) di Steno).

Stavolta l’azione si sposta quasi interamente in Vietnam dove il nostro (un poliziotto dai metodi “pragmatici”) e il suo superiore devono prendere in custodia un criminale e riportarlo in patria ma che ovviamente finiranno per invischiarsi in un caso imprevedibilmente più complesso e sanguinario che coinvolge delle gang atte alla rapina e violenza nei confronti di turisti coreani.

Gli ingredienti sono sempre gli stessi: azione, ironia e una inusuale quantità elevata di violenza sanguigna nelle parti più noir.

Tutto è minimale e grossolano e fa tesoro dei modi sbrigativi e diretti di certo cinema di Hong Kong del passato nella ricerca di ottenimento di reazioni precise e immediate da parte dello spettatore.

E quindi a fronte di una regia poco elegante e una sceneggiatura ai minimi termini il film funziona in maniera ottima a livello di opera popolare tant’è che è ha ottenuto incassi macroscopici in Corea del Sud, conquistandosi alcuni record, tra cui quello di maggiore incasso dell’anno, di lunga distanza su Top Gun: Maverick e facendo mettere subito in produzione diversi -ulteriori- sequel.

Per quanto semplice, il film è onesto e funziona, sicuramente più di altre opere locali esilissime che hanno negli anni riscosso un imprevedibile successo.

Dalla sua ha però il carisma degli attori, tutti noti, talentuosi e sopra le righe e le ottime sequenze d’azione, specie quelle che riguardano i conflitti risolti a pugni dal protagonista, incluso il finale in cui praticamente con i suoi colpi smantella l’interno di un autobus. Ma lasciano sorpresi anche alcune altre sequenze tra cui una in un appartamento risolta in piano sequenza, scelta che può apparire banale, specie nell’anno di opere come Carter (anche lui Coreano) ma che qui funziona e ha una certa fisicità e realismo.

The Roundup è buon cinema popolare, di cristallino intrattenimento, esilissimo ma di livello e coinvolgente. Bene così.