Godavari

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“Qual è il significato di tradizione?” chiede Sarita, giovanissima figlia del protagonista Nishikant Deshmukh (Jitendra Joshi) che preferisce andar via piuttosto che risponderle. “È come il fiume: scorre da un luogo all’altro come la tradizione si sposta da generazione a generazione”, le risponde, invece, l’unico amico del padre, Kasaav (Priyadarshan Jadhav).

Così è Godavari che procede lentamente, come il corso d’acqua da cui prende il titolo, fiume sacro e meta di pellegrinaggio per i fedeli induisti, custodi di una tradizione che connette il Ramayana a una moderna Nashik, in Maharashtra, dove si svolge il film.

Con uno stile quasi documentaristico, il regista nonché co-sceneggiatore Nikhil Mahajan ci mostra la vita di Nishikant e della sua famiglia, proprietaria di diversi immobili da generazioni. Il rapporto tra il burbero protagonista e i suoi famigliari è distaccato, al punto di non parlare con il padre (il veterano Vikram Gokhale), di vivere per conto suo, di ignorare la moglie Gautami (Gauri Nalawade) e di passare minor tempo possibile con sua figlia (Saniya Bhandare, al suo esordio cinematografico). Lo scontroso Nishikant non mantiene buoni rapporti neanche con la comunità e questo viene chiaramente mostrato nelle minime interazioni umane che il protagonista ha al di fuori della propria famiglia. 

La quotidianità scorre via inesorabilmente ma senza fretta, come Godavari, che continua ad avanzare verso la foce, essendo presente in gran parte delle inquadrature, attraendo a sé misteriosi pellegrini e personaggi ai quali il fiume ha tolto tanto, persino la ragione. Come l’uomo dei palloncini (Mohit Takalkar) che ha perso il figlio in un’inondazione ma ritorna sulla sponda ogni giorno per continuarne la ricerca.

La Godavari (nel film si rivolgono al fiume usando il femminile) crea vita ma, appunto, la può togliere. Questo fiume è zona di sepoltura, dove i fedeli immergono le ceneri dei defunti e nelle sue acque la presenza di sofferenza nonché della morte sono sempre presenti. Sfortunatamente, come ricordano le parole di Martin Lutero nei titoli d’apertura: ogni uomo deve fare due cose da solo, fare quello in cui crede e morire. L’impietosa realtà non risparmia la famiglia protagonista: prima un tumore al cervello impone una data di scadenza nella vita di Nishikant poi termina quella del nonno, da lungo tempo affetto da demenza. 

Godavari è, in sostanza, l’intimo percorso emotivo del bravo protagonista che ha un radicale cambiamento, avvicinandosi alla sua intera famiglia e, allo stesso tempo, un cammino spirituale/filosofico che lo riporta al fiume.