Kamen Rider Black

Voto dell'autore: 5/5
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[avvertenza: contiene rivelazioni importanti della trama della serie]

Genesi 4,9: Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».

Più che di fronte all’epica tout court ci troviamo dinanzi ad una monumentale tragedia, in cui due fratelli separati (fisicamente, politicamente, socialmente, moralmente) da un destino avverso denominato Gorgoms (ennesimo squadrone rivale, ostile agli umani) continuano a cercarsi e a ritrovarsi con la consapevolezza che solo l’uccisione di uno per mano dell’altro potrà portare la pace sul pianeta.

Caino e Abele, melodramma, con due involontari Kamen Rider “biologici” come nell’origine primordiale del manga, costretti a vagare e ad agire. Il libero arbitrio è talvolta labile, le due “armature pirandelliane” segnano il destino, il “buono” è (Kamen Rider) Black (proprio a cozzare con la dicotomia occidentale del bianco e nero), il villain è d’argento. Il buono è una corazza organica, lacerabile, sotto la quale scorrono fasce muscolari fumanti. Il cattivo è imprigionato in una meravigliosa armatura rigida di acciaio, costellata di bulloni. Black continua a chiamare suo fratello per nome come a volerlo risvegliare dal turbine oscuro in cui è calato e l’altro si rivolge a lui appellandolo con la nomea dell’eroe generato involontariamente, Kamen Rider Black.

E Shadow Moon, uno (il?) dei migliori Rider di sempre, lascia emergere brividi di rimembranze umane, ma lo vediamo magnificamente trasformarsi, accettando con tristezza mista a rassegnazione il suo ruolo di combattente e di vittima. Dalle prime inquadrature che lo rivelano imponente, monolitico, epico, nello stile degli eroi muscolari degli anni ’80 statunitensi, sul finale sembra raccogliere finalmente le grazie, la finezza e la “debolezza” (?) morale di tanti eroi asiatici. Da Rambo e Robocop ad un monaco shaolin.

E’ Kamen Rider Black, ottava serie del periodo showa, considerata come una delle meglio riuscite e amate, tanto da generare l’anno successivo una seconda serie-sequel, Kamen Rider Black RX (trasmessa, seppur rimaneggiata in maniera imbarazzante anche in Italia con il nome di Masked Rider). Il perché? Semplice, e una volta tanto, logico. Perché è oggettivamente riuscita.

Dinamiche narrative.

Ogni 50000 anni il Creation King, dominatore dell’universo, muore e ogni 50000 anni si opera per crearne un degno erede. Tale operazione spetta ai Gorgoms un oscuro squadrone che ambisce allo sterminio della razza umana e alla costruzione di un nuovo avveniristico impero sulla terra. Per fare questo operano in più modi; il primo è la generazione di creature mostruose ibride ottenute attraverso la fusione di geni di uomini, insetti, animali e piante, da utilizzare come schiavi e esercito.
Il secondo metodo è sfruttare umani particolarmente capaci ai fini dei loro scopi onde adottarne le capacità soprattutto scientifiche.

Il terzo è la penetrazione silente ed in incognita nelle maggiori cariche dello stato socio politico per dominare dall’alto e celare all’opinione pubblica le loro azioni.
I genitori di Minami Kotaro vengono uccisi e il ragazzo è adottato da uno scienziato venduto ai Gorgoms, assieme a Nobuhiko, vissuto come un fratello. Il giorno del loro diciannovesimo compleanno i due vengono operati e nei loro corpi sono inserite le king stones, pietre magiche donate dal Creation King che, oltre a donare poteri fortissimi ai due, permette loro di mutare in cyborg combattenti, chiamati Century King. Nel momento in cui ai due dovrebbe venire cancellata la memoria dell’infanzia, il padre si ribella e permette a Kotaro di fuggire mentre il fratello resta nelle mani del nemico che porta a compimento la nefasta missione, uccidendo inoltre il suddetto padre adottivo.
La cerimonia ipotizzata sarebbe di fare combattere i due e nominare come nuovo Re il sopravvissuto allo scontro. Ma Kotaro la cui memoria è rimasta intatta inizierà a battersi contro il progetto dei Gorgoms affrontando di episodio in episodio stuoli di creature dotate di pittoreschi e lugubri poteri, tentando di difendere la razza umana, proteggere Katsumi Kida e Kyoko Akizuki, rispettivamente la fidanzata e la sorella di Nobuhiko, cercando al contempo tracce di suo fratello. Purtroppo il ragazzo rapito ha ormai preso sul serio la propria missione e si prepara ad uno scontro apocalittico dalle tendenza fratricide.

A tessere le fila dei Gorgoms prima del risveglio di Shadow Moon sono tre luogotenenti Daishinkan: il carismatico Darom, il mastodontico Baraom, e la femminea Bishium. I tre, dalla puntata 36 assumeranno una seconda forma mostruosa denominata Daikaijin. A centro serie, per ovviare ai fallimenti dei tre, verrà liberato un potente combattente Gorgom dal nome di Birugenia.
Da parte sua Black godrà dell’ausilio di due moto speciali, una organica denominata Battle Hopper, di origine Gorgom, con capacità autogenerative e di comunicazione (in un episodio sarà addirittura infettata da parassiti che la renderanno ostile); l’altra Road Sector (dalla puntata 12), progettata da uno scienziato umano, più potente e devastante della precedente. Sul piano umano a combattere al fianco di Kotaro ci sarà Ryusuke Taki, un agente segreto americano (in un paio di puntate), una creatura ribelle e i Gorgom Shonen-Tai, un esercito di bambini sfuggito al controllo; insomma dei Balilla Gorgoms. 

Estetiche.

Dicevamo e lo ripetiamo; probabilmente ci troviamo di fronte al miglior character design della storia del franchise, insieme a quello di 555 e Hibiki. Ad aumentare la soddisfazione è il fatto che entrambi i Rider presentati si muovono su straordinari livelli di eccellenza visiva. I caschi, le armature, la cura dei dettagli con Shadow Moon (che possiede una sorta di speroni fissati ai piedi che si muovono durante i passi), che riesce ad essere anche più impressionante e riuscito del vero protagonista. Black mostra fasce muscolari fumanti nei punti di articolazione dell’armatura, elemento decisamente suggestivo ed è interamente coperto da parti solide, senza zone in cui è stata posta una classica “tutina”. La dinamicità dei due caschi è esemplare.

Anche la moto Battle Hopper, che fa pendant con Black è un ottimo lavoro di ideazione grafica, dall’estetica insettoide, quasi da cavalletta, mentre la Road Sector, più potente ma visivamente più goffa e esteticamente “invecchiata” è un diretto rimando ai vecchi Kamen Rider. Il villain di mezzo, il potente Birugenia è una creazione poco convincente simile a tanti cattivi del passato, mentre i tre Daishinkan, risultano, se non perfettamente riusciti, comunque inquietanti e funzionali; la loro evoluzione di metà serie però produce delle creature di maggiore resa, soprattutto quella di Bishium tanto letale quanto sensuale nella sua mostruosità.

Metriche e riflessioni.

Il ritmo della serie è assolutamente convincente. Ogni episodio è autoconclusivo e solitamente è presentato un “cattivo” per ogni puntata (a differenza di serie come Agito o Den-O in cui ad ogni creatura nemica è dedicata una coppia di puntate). Nonostante l’essenza episodica classica, un sottotesto narrativo lega tutti gli episodi producendo un’interessante continuità che possiede pochissimi momenti di stanca rintracciabili solo verso metà serie. Per il resto, le 52 puntate “galoppano” in un baleno, sempre interessanti e disorganiche nel contenuto (anche in piccoli dettagli, ad esempio le creature sconfitte posseggono effetti di deflagrazione diversi: esplosioni, scintille…) elemento che paradossalmente è un pregio. Perché ogni puntata si rivela come un episodio di una serie in stile Ai Confini della Realtà in cui dei “cosa accadrebbe se…” vengono messi in moto dai villain di turno.

Questo dona un’ovvia varietà al tutto e una continua elevatezza di interesse verso gli episodi. Ovviamente è una serie centrale e si pone in equilibrio tra le varie anime del franchise; da una parte quella ludica di prodotto per ragazzi, dall’altra quella più cupa finanche horror, fasciata dall’estetica ottica e pop tipicamente giapponese anni ’80.

La resa è da favola nera per ragazzini con alcuni eccessi visivi più smaccatamente perturbanti. Colma di citazioni e sentori di altro, inserisce con maggiore insistenza la figura del bambino ai fini dell’identificazione verso 2/3 della propria programmazione rendendo il fanciullo una figura fissa (sia esso vittima, bullo, mostro o aiutante) con climax di questa scelta nella figura degli Shonen-Tai (v. sopra). 

Le creature sono particolarmente riuscite e più “verosimili” a differenza della tendenza pop stilizzata che da lì a poco avrebbe invaso il franchise e più convincenti ed elaborati rispetto al passato. La copertura delle pelli sintetiche (tranne quando è messo in campo l’utilizzo di peli e pellicce) è realistico e talvolta si sfiora il raccapricciante mentre altre volte quando sono in scena i Gorgoms generati con parti di piante, l’effetto pittorico pop diviene psichedelico.

Parlavamo di horror: in effetti alcune puntate si spingono verso quelle zone. In una, ad esempio, cogliendo umori cinefili del periodo, vengono fusi ambienti accecanti pieni di spore e funghi giganti alternati a suore malvagie che rapiscono bambini, infanti posseduti che si contorcono sul soffitto (come ne L’Esorcista), motociclisti deformi che molestano fanciulle, camerette infestate, balzi spaziali e ambientazioni astratte e lisergiche. Mentre con tranquillità magari si possono ascoltare di fondo le note di Koi No Bakansu delle Peanuts (puntata n. 9)

Nella puntata 39 i Gorgoms utilizzano i poteri soggioganti di una idol per ipnotizzare e controllare il popolo (un buon decennio prima del bel Suicide Club di Sono Sion).
Continuando a menzionare eventi del genere, nell’episodio n.5, gli abitanti di un paesino di provincia sperduto adorano ed evocano una creatura caprina che eiacula scintille colorate dalle corna dopo averle adeguatamente strofinate in una puntata dal vistoso sentore satanista.
Nella 11 fanno crescere piante di mele sui corpi degli uomini onde alimentare la creatura di turno, nella 14 un mostro tartaruga ipnotizza i bambini e li rende violenti mentre nella 8 il suono di un violino plagia gli umani, ovviamente sempre vincolato ad un mostro cicala.
Addirittura una delle puntate migliori condotta da una creatura femminea dalle sembianze di fiore è un omaggio al cinema del periodo a partire da Poltergeist, passando per Ai Confini della Realtà, La Casa e gran combattimento finale in una dimensione parallela con fondali stroboscopici.
In un’altra ancora la creatura di turno ricorda il mostro della laguna nera, con coppiette appartate, robot, esorcismi e bambini a cui hanno bloccato l’età.
Ancora, un’altra creatura ruba l’anima degli uomini e la infila in dei manichini rancorosi che una volta colpiti perdono pezzi, un mostro istrice rapisce bambini, li porta in una dimensione parallela e li costringe a videogiocare a giochi di guerra con una sorta di parallelo con i contemporanei Wargames e Tron.
In un episodio addirittura si giunge a citare Dalì con un bel combattimento su di un orologio semovente e in un altro il rapporto tra un bambino e un piccolo trilobite vivente ricorda e anticipa il legame tra bambino e alieno di CJ7 (o E.T. che dir si voglia).
Il finale apocalittico con il Giappone in fiamme e la razza umana ridotta allo stato semi animale ripaga abbondantemente dell’anno investito durante la visione legando dichiaratamente la nuova Kamen Rider Black RX a questa precedente.

Nel 2022 la piattaforma Amazon produrrà una sorta di nuova serie omaggio, Kamen Rider Black Sun.

Una serie fondamentale quindi, forse quella davvero imprescindibile per avvicinarsi al mito di Kamen Rider; epica, mitologica, malinconica e cupa. Un tassello fondamentale della fantascienza mondiale visivamente ottima ma antecedente alla tendenza fluorescente e patinatizzante dell’avvento del digitale.

Nota: Interessanti comparse. In alcune puntate fa la sua comparsa Ryusuke Taki (v. sopra) interpretato da Masaki Kyomoto, cantante (sua anche la ost di Garo) e noto attore visto anche in Cutie Honey, Sukeban Deka e il molti altri film.  Da segnalare anche la presenza di Susumu Kurobe ovvero la controparte umana del primo Ultraman, qui nel ruolo di un premio nobel convertito al male.

 

Galleria di alcune creature della serie.

Immagini dalla serie.