On the Job

Voto dell'autore: 4/5

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Erik Matti è una specie di simbolo del cinema di genere filippino contemporaneo che ha dalla sua anche un certo eclettismo. Lo abbiamo scoperto con un dramma erotico (Prosti, 2002), ma negli anni ci ha sorpreso con i film di supereroi (Gagamboy, 2004), i fantasy (Exodus: Tales from the Enchanted Kingdom, 2005), gli action horror alla Dal Tramonto all’Alba (Tiktik: The Aswang Chronicles, 2012), gli horror (Pa-siyam, 2004) ed ora il crime movie con On the Job.

Il matrimonio con la sceneggiatrice Michiko Yamamoto, ha evidentemente portato un valore aggiunto, visto che On the Job si presenta come uno dei lavori più robusti del regista, principalmente proprio grazie alla struttura narrativa. Certo, anche la scelta di allontanarsi da prodotti ambiziosi ma dalla resa poco competitiva è una scelta senza dubbio vincente, unita ad un soggetto forte basato su un frammento di concept dichiaratamente basato su una storia vera, ovvero quella di killer che vengono rilasciati temporalmente dalla prigione il tempo necessario per commettere gli omicidi commissionati.

E anche se di un film corale si tratta, la narrazione lavora bene ad un consapevole gioco ad incastri, con un’evoluzione controllata e un senso della progressione quasi più interessante delle sequenze d’azione in sé, comunque pregiate da una messa in scena della violenza sopra la media.

Ed è oltremodo curioso l’approccio innovativo scelto in antitesi con le formule classiche del cinema di gangster (asiatici); solitamente viene narrato l’avvento dei giovani privi di codice d’onore e la disfatta, morte e sconfitta degli anziani ormai non più a passo con i tempi (che in fin dei conti era in parte anche la “morale” di C’Era una Volta il West, del nostro Sergio Leone).

Nel film di Matti vige la regola contraria; il tradimento e la sopravvivenza è data in mano agli anziani, ai peggiori, ai peccatori, mentre a perire e ad uscirne sconfitti sono proprio le nuove leve, come in una funerea versione de Il Sorpasso in chiave gangsteristica. [Spoiler alert, scusate] Se poi anticipiamo che la lama letale arriva proprio dai partner “fedeli” ci troviamo di fronte a scelte impopolari e perturbanti, totalmente disperate. 

Tutti questi elementi hanno portato ad un discreto successo del film anche in occidente, ospitato al Festival di Cannes, distribuito in home video e nelle piattaforme, tanto che dopo otto anni ne è uscito un sequel, On the Job: The Missing 8, in concorso al Festival di Venezia 78 (2021) e ne è stata successivamente prodotta una miniserie di sei episodi per HBO Asia Originals.