The Battle at Lake Changjin II

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Quattro mesi dopo il primo film, esce nelle sale cinesi The Battle at Lake Changjin II, sequel girato back to back al precedente e apertamente dichiarato in coda a quest’ultimo.

Anche noto come Water Gate Bridge, riunisce di nuovo la regia di tre maestri del cinema contemporaneo (Tsui Hark, Chen Kaige e Dante Lam).

Fortemente voluto dal Publicity Department of the Chinese Communist Party per celebrare il centesimo anniversario del partito comunista cinese, è ancora un’epopea bellica che continua a seguire le gesta della settima divisione dopo le luttuose ed eroiche vicende narrate nel film precedente; questa volta il gruppo, sempre più decimato, dovrà abbattere un ponte strategico per la ritirata e il passaggio di rinforzi americani, durante la guerra di Corea.

La regia del trio è ancora più sfumata ed è estremamente difficile coglierne le singole firme anche se con ogni probabilità sono di Tsui Hark quelle sequenze d’azione giostrate come dei diorama animati che già aveva testato in Time & Tide, sfruttato in maniera innovativa in The Taking of Tiger Mountain (film che a volte sembra direttamente richiamato in questa opera) e che qui troviamo perfezionate e ormai giunte a totale maturazione.

Diverso è l’impianto dell’opera però; se il film precedente poggiava su un’azione più di massa, più balistica, più dinamitarda e più coreografata, che qui viene replicata giusto all’inizio, poi nella seconda parte muta in un prodotto di assedio e strategia, più fisico (anche su ammissione di Wu Jing) ed estremamente più violento: i corpi dei soldati vengono letteralmente fatti esplodere dai colpi dei tank, disintegrati in nuvole di poltiglia sanguigna sotto quelli degli aerei, schiacciati dai carri armati, sciolti dal fuoco dei lanciafiamme. L’azione è meno “teorica” e plastica, ma più “narrativa”.

Il precedente film si era rivelato come il maggiore incasso della storia del cinema cinese, il maggiore incasso per un film non in lingua inglese e il secondo incasso dell’anno, al mondo, con i suoi 900 milioni abbondanti portati a casa, forte di un budget di 200 milioni di dollari, il film più costoso della storia cinese.

Questo secondo capitolo uscito durante il capodanno cinese 2022 non ha raggiunto questi risultati ma se l’è cavata ugualmente bene; con più di 600 milioni di incasso, nel momento in cui stiamo scrivendo è il settimo film dell’anno nel mondo e ottavo incasso di sempre in Cina.

Girato in 210 giorni su territori reali e in parte negli studios Hengdian World Studios il film, come il precedente, restituisce in maniera fedele e convincente la devastante impresa gestita in mezzo a ghiaccio e neve sotto temperature e dinamiche proibitive, senza lesinare sui mezzi e con un resa visiva, anche nel trucco, di inusuale efficacia.

Per quanto il film non abbia un’anima autoriale che possa proporre empatia cinefila agli studiosi e appassionati dei singoli registi che hanno preso parte all’impresa, il dittico di The Battle at Lake Changjin resta un robusto e unico nella storia -ad oggi- film bellico realizzato, gestito, e proposto con dinamiche e contenuti diversi da quelli a cui siamo costantemente abituati. Un giorno probabilmente lo guarderemo come oggi guardiamo film straordinari come The Red Detachment of Women, Third Sister Liu e compagnia.